Herbert Franta, un comunicatore educante

Conosci la figura di Herbert Franta? io l’ho scoperta durante gli anni universitari e ne sono rimasto incantato: parliamo di un sacerdote salesiano, docente di Psicologia della personalità e Psicologia della comunicazione e delle relazioni interpersonali alla Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana di Roma, dal 1972 al 1994. Attraverso la docenza, la ricerca e la pratica terapeutica, acquisì una competenza professionale ampia e qualitativamente molto elevata. Ne sono prova le sue numerose pubblicazioni tra studi, contributi a opere, articoli in riviste scientifiche; nonché la partecipazione a convegni, seminari, giornate di studio. I suoi campi di ricerca privilegiata sono stati gli interventi psicopedagogici e terapeutici, la Psicologia dell’interazione educativa e la Psicologia della personalità. Proprio il suo impegno a più livelli nella ricerca psicologica e nella pratica terapeutica hanno fatto si che nel corso della sua attività, i suoi interessi si concentrassero anche su altri aspetti dell’educazione: la comunicazione e la formazione degli insegnanti. In particolare, con l’esperienza maturata in anni di pratica e di consulenze psicologiche, Franta ha potuto constatare che le difficoltà comportamentali delle persone che gli si rivolgevano non provenivano esclusivamente da disturbi psichici o disagi sociali, quanto piuttosto dall’incapacità ad instaurare relazioni significative, cioè a vivere un’autentica comunicazione interpersonale. Questo faceva si che a volte nel lavoro terapeutico con le persone dovesse come lasciare incompiuta la crescita e lo sviluppo delle persone che gli si rivolgevano, non riuscendo a conseguire pienamente o adeguatamente le mete prefissate.

Ecco dunque l’opzione di studiare l’interazione e la comunicazione interpersonale, così da poter offrire, parallelamente ad un percorso di consulenza pedagogica o psicologica, anche dei percorsi specifici per acquisire le competenze comunicative in modo da formarsi ad autentiche e mature relazioni umane. Alla base di tutto questo, anche la convinzione secondo cui pedagogia e psicologia (discipline per natura indirizzate verso un aiuto) non si dovessero limitare ad intervenire solo in previsione del recupero del soggetto, ma dovessero lavorare preventivamente affinché si potessero aiutare le persone ad acquisire e sviluppare una serie di competenze comportamentali fondamentali per affrontare la vita in modo più sereno e strutturato. Se dovessimo riassumere l’intuizione di Franta, si potrebbe dire che è quella di aver colto come non bastavano le terapie a far stare bene le persone: erano necessarie relazioni autentiche che le rendessero efficaci. Infatti, laddove si presenti una situazione di necessità, è compito dell’educatore accompagnare l’educando in quello che è un vero e proprio viaggio: guardare dentro di sé spaventa, perché si ha a che fare con i lati più bui della personalità, ma ciò rappresenta anche una straordinaria risorsa per crescere e sviluppare il proprio potenziale umano. Per tale motivo è fondamentale che l’educatore sia preparato ad affrontare questo percorso, che possa studiare per immergersi nel mondo di chi ha davanti e che deve accompagnare. Deve essere pronto ad utilizzare tutte le sue abilità e strategie per comprendere in quale momento può prendere la mano del giovane, del ragazzo, della persona, e stare al suo fianco senza sostituirsi, e in quale altra situazione è sufficiente osservarlo da lontano quella che è una vera e propria “messa in pratica” per costruire e dare compimento all’opera della vita.

Franta sostiene che un educatore si trasforma, nel senso di crescere, in un “buon educatore” se ha alle spalle una struttura teorica ed esperienziale solide, se ha sviluppato un buon livello di consapevolezza e di empatica, se ha lavorato su sé stesso a livello personale e professionale. Non a caso, la competenza che secondo l’autore è maggiormente da esigere in un educatore è quella comunicativa. Una buona comunicazione infatti permette di farsi comprendere e di comprendere, di parlare e di ascoltare, di dialogare e di tacere, di guardare e di lasciarsi guardare, di intervenire e di fermarsi, di lasciare andare e di prendere per mano. La professionalità dell’educatore che si pone nella condizione di aiutare l’altro, può essere dunque, secondo Franta, in qualche modo misurata dalla presenza o assenza di certe caratteristiche inerenti la comunicazione. Cosa succede però quando gli educatori percepiscono o sperimentano l’inadeguatezza nello svolgere il loro compito educativo? Franta parla di una vera e propria incapacità che sovente questi ultimi provano nella loro sfera comunicativa nei confronti dei loro educandi. Una incompetenza che secondo l’autore non deriva solo dal fatto che gli educatori non sono a conoscenza dell’intenzionalità e dei contenuti cui la loro azione educativa deve rispondere : si tratta piuttosto della difficoltà a dar vita a vere relazioni di reciprocità, a intrecciare un’autentica comunicazione interpersonale.

Franta, forse inconsapevolmente, con il suo contributo mette a fuoco e approfondisce uno dei problemi storicamente più comuni, ma che oggi può dirsi una vera e propria emergenza a livello sociale: la difficoltà a comunicare, l’incapacità a realizzarsi nell’incontro con l’altro.

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