Arrivare anche solo a pensare a come costruire la propria identità professionale, rappresenta per un educatore una conquista. La mia esperienza mi porta a partire da questa constatazione. La costruzione del proprio “stile educativo” è qualcosa che necessita di tempo ed esperienza. E’ senza dubbio da evidenziare che, già solamente il semplice pensare di voler costruire un proprio stile, rappresenta il primo passo verso la maturazione e il conseguimento della meta.
A essere sè stessi pienamente… ci si arriva con il tempo, e anche quando si raggiunge ciò che ci si era prefissati, ci si rende conto che c’è ancora cammino da fare, in quanto, dopo, come in una sequenza, si prefigureranno ulteriori mete da raggiungere come naturale conseguenza per aver intrapreso un percorso di crescita, che è sì una professione, ma che è soprattutto uno strumento di maturazione costante del proprio essere persona.
Quello dell’educatore è un lavoro cui si richiedono abilità specifiche, che non riguardano solo il sapere ed il saper fare, ma anche e soprattutto il saper essere. La costruzione della propria identità professionale rappresenta per un professionista della relazione educativa uno step fondamentale, perchè è da qui che si esprime il suo essere autentico. Ciò che ritengo essere come il fattore più importante in questo passaggio è la motivazione. Un educatore motivato è un educatore che lavora esprimendo al massimo il suo potenziale, e che riesce quindi anche a risultare significativo per coloro a cui si rivolge. Una buona motivazione iniziale è indispensabile per avviare percorsi di formazione come quello che porta a diventare un professionista educativo, poichè senza uno slancio anche volitivo di portare a compimento una preparazione strutturata e metodica, ogni buona intenzione rischia di rimanere solo un buon proposito. La Psicologia dell’azione ci dice che proprio nei processi volitivi, la motivazione gioca un ruolo fondamentale dapprima verso lo studio e la formazione attraverso la decisione di incominciare a impegnarsi e a studiare, e la volontà di portare a termine quanto intrapreso, nonostante la fatica, gli imprevisti, il sacrificio è ciò che spinge la persona e conferma che essa non è solo reazione a stimoli esterni, ma essere dotato di autonomia e capacità di scelta, responsabile dei propri atti. E’ un lavoro interiore, che si esprime in un’attività incessante, pregna di autostima e cura di un’immagine positiva di sè, bisogno di percepirsi come persone in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati, di esercitare un controllo sulle proprie emozioni, sull’ambiente e che diventino capaci di tradurre in pratica quanto appreso, di agire in modo competente e positivo. Non è questa la sede per approfondire i processi cognitivi e motivazionali, quanto piuttosto per ribadire che sapere e conoscere è in qualche modo come partecipare alla costruzione di un sapere e di una conoscenza che ci precede, che ci è stata consegnata e che noi, a nostra volta, affideremo alle generazioni che verranno dopo di noi. Si tratta di fondare le conoscenze sulle basi solide degli autori del passato, con un approfondimento del contesto socio culturale e degli autori del proprio tempo, quasi a gettare un ponte tra antichità e modernità.
E’ proprio dell’uomo il non accontentarsi di stare al mondo, ma conoscerlo: chiedersi il perchè del suo esserci e delle cose. Per questo dobbiamo acquisire competenze, per comprendere come stare nel mondo, come lasciare una buona traccia, come educare i piccoli e i giovani a stare a loro volta al mondo e come lasciare, noi e loro, una buona traccia.
In questo desiderio di non accontentarsi arde la fiamma del futuro educatore, persona e professionista in continuo movimento, affamato di vita e conoscenza.