Se c’è una cosa che ho imparato negli ultimi tredici anni, è che nel nostro settore non basta una dicitura per essere professionali. Si è vero, il titolo di studio resta la base imprescindibile per svolgere questa professione, ma la speranza è che si superi velocemente questo passaggio inerente la nostra crescita e si stabilisca che quello del titolo è uno snodo tanto fondamentale quanto ovvio se si vuole intraprendere questa strada professionale.
Facciamo tutti insieme un salto in avanti nella mentalità se vogliamo crescere e avere un sempre maggiore riconoscimento!
Oggi sono ancora troppe le persone che svolgono il ruolo di educatori senza averne nessun titolo (imperdonabile, ma la storia farà il suo corso e le cose cambieranno), facendo registrare una superficialità professionale imbarazzante e abbassando così facendo lo standard generale dei professionisti dell’educazione. A cosa può portare un basso standard qualitativo dei professionisti? ad una bassa offerta da parte del datore di lavoro. Così come sono tanti i non educatori (nel titolo e soprattutto nell’operato), anche gli educatori professionali che di professionale hanno ben poco sono in numero crescente: parlo di quei colleghi che fondano il proprio percorso di sviluppo professionale sulla sola lamentela per la mancanza di quei diritti che non si costruiscono di certo sulle chiacchiere da forum. Sono piuttosto un desiderio bruciante, un attivismo divulgativo oltre ad un operato concreto a rendere quei diritti più vicini e l’educatore professionale per davvero!
In tanti si lamentano per le condizioni di lavoro in cui versano, pur rimanendo in quello stesso posto per anni perché tanto “che scelta ho?”
La scelta c’è, e quasi sempre porta un prezzo che può prendere la forma di un rinuncia o un grande sacrificio. In quanti degli educatori di oggi sono disposti a sacrificare il loro abbonamento Netflix per comprare un videocorso da mille euro e studiare mezz’ora tutte le sere?
In quanti degli educatori di oggi sono disposti a rinunciare al nuovo gioco per PS o alla nuova linea di mascara per comprare tre nuovi libri da leggere nei prossimi 5 mesi?
Lo so, starai pensando che non è giusto dover spendere di tasca propria soldi destinati alla propria formazione personale e professionale, quando questo aspetto potrebbe tranquillamente essere appannaggio del datore di lavoro. Ma professionali ci si diventa anche con la fame e con il desiderio ardente di andare oltre l’ostacolo, oltre le difficoltà del vivere in una società piena di contraddizioni, in cui sta a noi la decisione di evolvere come esseri umani e di conseguenza come professionisti.
Persone migliori fanno professionisti migliori.
Ed i professionisti programmano il proprio percorso lavorativo da qui ai prossimi cinque o dieci anni.
In quanti lo fanno? Tu lo hai mai fatto?
Hai mai anche solo provato a immaginare dove vorresti (e potresti) essere arrivato professionalmente tra dieci anni iniziando a darti da fare sin da ora affinché ciò avvenga? Bada bene: quella del sacrificio non è una bandiera da sventolare, tantomeno da issare con fierezza. Sacrificarsi sempre e comunque nel nome di un autodeterminazione killer non ha alcun senso: il sacrificio deve sempre sposare un agire consapevole, permeato da un significato profondo che mette la persona nella condizione migliore possibile per migliorarsi la vita sotto ogni punto di vista (rinunciare a tutto può diventare controproducente e aggravare ulteriormente una situazione già complessa).
Questa è una professione che può farti arrivare dove neanche tu hai mai immaginato, e se ripenso al giovane laureando che ero nel 2013, a ridosso dalla laurea triennale, e a tutte le paure che avevo di non farcela o di trovare ostacoli troppo più grandi di me, sorrido nel ripensare a come ho superato sfide ben più grandi di quelle che avevo immaginato. Lottando con il mondo fuori e dentro me.
Non venitemi a dire quindi che basta il titolo per essere professionali. Perché dal titolo in poi, il percorso sarà sempre in salita: la strada verso le cose più belle non è mai in discesa.
Ma la vista, mano a mano che si sale, diventa sempre più bella.